Negli ultimi anni, l’uso dei social network (come Facebook, Instagram, Twitter e YouTube) è aumentato sempre di più. Questi mezzi di comunicazione di massa stanno spopolando soprattutto tra i più giovani e offrono un’ottima opportunità per diffondere messaggi di sensibilizzazione sui temi ambientali.
Spesso vengono utilizzate foto e video delle cosiddette “specie ombrello” (specie carismatiche) al fine di focalizzare l’attenzione pubblica su determinate campagne per la conservazione di ecosistemi e animali meno conosciuti.
Le conseguenze negative dei social media sugli animali selvatici
Purtroppo, esiste un’altra faccia della medaglia: la condivisione sconsiderata di contenuti multimediali su Internet può portare a un’alterazione della visione che le persone hanno del mondo animale e della Natura in generale.
È proprio questo il tema centrale dello studio recentemente pubblicato dalla rivista americana Society and Animals, che abbiamo condotto tramite l’Associazione ETICOSCIENZA in collaborazione con la ricercatrice canadese Siobhan I. Speiran (School of Environmental Studies, Queen’s University).
In questa review sistematica, dal titolo “Let Me Take a Selfie”: Implications of Social Media for Public Perceptions of Wild Animals (Lenzi, Speiran e Grasso, 2020), sono state affrontate diverse problematiche: la diffusione di foto e video in cui gli animali selvatici sono a stretto contatto con gli esseri umani, il wildlife selfie tourism e l’aumento del commercio di specie selvatiche per la detenzione domestica.
Quando foto e video diventano virali
La diffusione di video e foto che raffigurano animali selvatici tenuti in cattività ed umanizzati può rendere desiderabile la loro detenzione come animali da compagnia.
APPROFONDISCI QUI LA DIFFERENZA TRA ANIMALE SELVATICO E ANIMALE DOMESTICO
In risposta ad un video virale intitolato “Tickling Slow Loris”, nel 2103 Nekaris e colleghi, monitorando i commenti su Twitter, hanno valutato la percezione degli utenti in reazione al video per un totale di 33 mesi. È emerso come molte persone abbiano espresso il desiderio di possedere un loris lento come animale da compagnia, senza consapevolezza dei rischi né per il benessere dell’animale né del commercio illegale di fauna selvatica. Inoltre, parte della natura virale del video è dovuta alle varie celebrità che lo hanno condiviso sui social media. Solo nell’ultimo periodo di monitoraggio dello studio è stato rilevato un aumento della consapevolezza nei commenti, sui potenziali impatti di tale video (Nekaris et al., 2013).
Il turismo dei selfie
L’articolo scientifico che abbiamo appena pubblicato affronta anche l’associazione tra la diffusione di materiale a stretto contatto con la fauna selvatica e la diffusione dei wildlife selfie. Ma di cosa si tratta? Stiamo parlando di foto scattate in prossimità di specie selvatiche e in cui nell’inquadratura sono presenti sia i volti umani che quelli animali.
Per far fronte a questa nuova moda, l’organizzazione scientifica World Animal Protection ha creato il “Wildlife Selfie Code” che incoraggia i turisti responsabili ad astenersi dai selfie con la fauna selvatica quando un animale viene avvicinato con cibo, tenuto in braccio o trattenuto contro la sua volontà.
A seguito di diverse campagne di sensibilizzazione e dopo oltre 250.000 firmatari, Instagram ha creato una pagina per informare gli utenti circa i problemi di benessere animale che possono derivare da un incontro con animali selvatici in contesti addomesticati. L’avvertimento riguardo il commercio illegale di animali selvatici appare sullo schermo del proprio smartphone attraverso un “pop-up” ogni qualvolta si cerchino contenuti su Instagram che mostrano un approccio sbagliato verso la fauna selvatica. Questo non solo sta contribuendo a un cambiamento nella percezione che gli utenti hanno delle attività etiche con animali, ma si spera stia anche influenzando le scelte del mercato. Tuttavia sono ancora necessarie ricerche future sulle percezioni e sull’apprendimento dei turisti alla luce di questi nuovi avvisi.
Ma Instagram non è l’unico ad aver aderito. Nel 2017, TripAdvisor ha smesso di vendere biglietti per quello che può essere considerato un crudele turismo naturalistico, che include circhi e spettacoli di intrattenimento con animali. Vi è, inoltre, una crescente pressione sulle organizzazioni di viaggio affinché si orientino verso forme più etiche di incontri con la fauna selvatica.
Pet trade e conservazione delle specie a rischio
Ma in che modo i social media promuovono relazioni inappropriate con gli animali selvatici e la vendita di questi come animali da compagnia? Clarke e colleghi, nel 2019 hanno analizzato i dati raccolti tramite Twitter riguardanti un video diventato virale in cui un lemure dalla coda ad anelli (Lemur catta) in sovrappeso veniva accarezzato da due bambini in Madagascar. Hanno esaminato migliaia di tweet e hanno documentato come in 613 le persone esprimevano il desiderio di avere un lemure come animale da compagnia. In effetti, gli autori hanno scoperto che con l’aumento della popolarità e del numero di tweet, anche il numero di commenti che esprimevano il desiderio di un lemure aumentava. I ricercatori hanno concluso che i video che ritraggono animali selvatici umanizzati potrebbero rafforzare l’idea sbagliata secondo cui si tratti di ottimi animali da compagnia. In modo indiretto, quindi, i social media possono fomentare anche l’acquisto di animali selvatici e, in alcuni casi, incentivare il bracconaggio di specie a rischio.
Cosa possiamo fare per essere utenti online responsabili e consapevoli?
- Evitiamo di condividere, ripostare e mettere like a video e foto diseducative in cui sono rappresentati animali selvatici in contesti innaturali, a stretto contatto con le persone, abbracciati, coccolati e umanizzati.
- Commentiamo in modo educato sotto ai post che non riteniamo adeguati. Il nostro commento può aprire gli occhi a molti utenti e in questo modo possiamo sensibilizzare chi non era a conoscenza di questo business nero e crede che gli animali selvatici vadano amati come cani o gattini.
- Spargiamo la voce e diffondiamo questa sensibilità tra i nostri contatti, i nostri amici e tutti i nostri followers: non può esserci conservazione senza educazione e i social hanno un potere enorme da questo punto di vista.
Articolo pubblicato su LaRivistaDellaNatura