Il circo con animali è quanto di più lontano ci sia da quello che nella scienza del comportamento animale si definisce come wellbeing, ossia benessere psicofisico dell’individuo. Secondo un importante studio scientifico pubblicato nel 2009 su Animal Welfare (“Are wild animals suited to a travelling circus life?” realizzato da Iossa, G., Soulsbury, C., & Harris, S.), “Gli animali da circo trascorrono la maggior parte della giornata confinati, circa l’1-9% della giornata eseguendo esercizi addestrandosi e il resto del tempo in recinti, decisamente più piccoli degli standard minimi degli zoo. Gli animali, infatti, nei circhi trascorrono una grande quantità di tempo eseguendo stereotipie, specialmente se legati o confinati in gabbie”. Purtroppo, il vero problema è che gli spettacoli viaggianti hanno una capacità limitata di apportare miglioramenti, come l’aumento dello spazio, l’arricchimento ambientale e l’edilizia adeguata. Di conseguenza, gli autori dello studio sostengono che “gli animali adatti alla vita circense dovrebbero mostrare bassi requisiti di spazio, strutture sociali semplici, basse funzioni cognitive, requisiti ecologici non specialistici e una capacità di essere trasportati senza effetti negativi sul benessere e che quindi, nessuna delle specie più comuni esibite nei circhi, come gli elefanti e i grandi felidi, soddisfa questi criteri”.
Un’altra recente ricerca scientifica pubblicata nel 2022 su Journal of Animal Behaviour and Biometeorology (“Circus Animal Welfare: analysis through a five domain approach” realizzata da Rojas et al.) ha affermato che “I bisogni biologici degli animali selvatici ospitati nei circhi non sono sempre soddisfatti, a causa di diete inadeguate, spazi abitativi ridotti, interazioni sociali carenti e manipolazioni che li predispongono a sviluppare stereotipie (comportamenti anormali) e ad alterare gli stati mentali a causa dello stress cronico“
NE HO PARLATO NELL’EPISODIO 2 DEL PODCAST “I RACCONTI DELL’ETOLOGA”
Dal punto di vista etologico, dunque, non sono necessarie percosse affinché si definisca abuso etologico quello che viene fatto quotidianamente nei circhi agli animali ospitati; è la vita stessa degli animali da circo a essere inadeguata alla loro etologia. È indubbio che gli addestramenti vengano eseguiti seguendo le più dolci e amorevoli tecniche di addestramento e ammaestramento animale come il rinforzo positivo e condizionamento operante, anche perché qualsiasi forma di rinforzo negativo, punizioni, percosse e privazione alimentare sarebbero punibili per legge dall’articolo 544-ter del codice penale. Tuttavia, anche se vengono addestrati con cure e amore, già solo il fatto che debbano esibirsi, che debbano vivere a stretto contatto con l’uomo, che vivano in gabbie ristrette e che siano costretti a lunghi spostamenti ogni settimana, è sufficiente per stabilire che agli animali utilizzati nei circhi, non sono garantite le condizioni basilari del benessere animale dal punto di vista etologico. Nonostante questi animali siano nati e cresciuti in cattività (la cattura in natura è illegale da decenni!) non deve passare in secondo piano che, trattandosi di individui appartenenti a specie tassonomicamente, evolutivamente, biologicamente ed etologicamente selvatiche, vadano considerati selvatici addomesticati e non domestici. Questo implica che, seppur siano nati in cattività e si siano adattati nel corso della loro vita a vivere in ambiente domestico, le loro necessità in ambito di benessere animale rimangano quelle di animali selvatici, con bisogni etologici e fisiologici specie-specifici alla pari di un loro conspecifico libero in natura.
Una specie animale è infatti considerata domestica quando ha subito modifiche genetiche che ne alterano l’aspetto e la fisiologia, promuovendo un’innata propensione alla docilità verso gli esseri umani, oltre a modificare il comportamento. Pertanto gli animali dei circhi restano animali selvatici, anche se ammansiti.
Sebbene mediata da un imprinting neonatale (per poter essere domati nei circhi, i piccoli di specie selvatiche sono regolarmente separati dalla madre e allevati a mano) l’interazione con l’uomo è però innaturale in quanto un animale selvatico, se libero e sano in Natura, molto difficilmente si farebbe abbracciare e comandare da un umano. La maggior parte degli esercizi e delle “acrobazie” che gli animali sono spinti a fare sono comportamenti lontani dal repertorio comportamentale specie-specifico dell’animale. Inoltre, gli animali sono costretti a lunghi ed estenuanti spostamenti stipati in spazi non adeguati, con il rischio di provocare stress e disagio fisiologico.
Il buono stato di salute fisica, quindi, non basta. L’idea che un animale venga al mondo con il solo scopo di essere addomesticato (quindi privato della sua selvaticità), addestrato e usato per eseguire ordini ed esercizi imposti dall’Uomo (normalmente questi animali non eseguirebbero quei comportamenti) è eticamente sbagliata ed inaccettabile. In secondo luogo, vi è un problema di tipo etologico, in quanto nel circo, gli animali non possono eseguire il loro repertorio comportamentale specie-specifico (etogramma), le loro libertà decisionali non potranno mai raggiungere una perfetta condizione di benessere totale (welbeing) visto che la loro vita naturale è alterata fin dalla nascita. In terzo luogo, il problema è collegato alla salute umana, in quanto si tratta pur sempre di animali appartenenti a specie selvatiche e quindi mantengono sempre una certa pericolosità verso l’Uomo (come dimostrato da diversi casi di attacchi o fughe). In ultimo, vi è un forte problema educativo, poiché i bambini vengono abituati ad un’idea distorta della Natura dove sembra essere normale che un animale di quel tipo venga cresciuto lontano dal suo ambiente naturale, abituato a vivere/“lavorare” con gli umani e a venir usato per scopi ludici.
Queste affermazioni sono tratte dal documento scientifico redatto dall’associazione Eticoscienza firmato da decine di ricercatori, etologi, veterinari e professori internazionali in cui abbiamo affrontato scientificamente il tema del circo con animali.
Perché non ha alcun senso dire che i circensi maltrattano gli animali?
Partire dal presupposto che i circensi maltrattino gli animali è un deficit comunicativo e concettuale. Se puntiamo tutta la divulgazione “contro il circo con animali” sul fatto che i circensi maltrattino le loro bestie, basta poi il primo video (come è pieno il web) di un leone coccolato sul divano dal domatore che cadono tutte le argomentazioni valide su cui si basa, invece, la vera lotta ai circhi con animali che è: ” è indubbio che i circensi li amino e li trattino bene, anche perché altrimenti sarebbe illegale dall’articolo 544 del codice penale, tuttavia le cure e l’amore non bastano a garantire benessere e soddisfacimento delle esigenze etologiche specie specifiche”. La battaglia contro i circhi deve essere scientifica e non più solo fatta di slogan e animalismo infondato. Siamo tutti d’accordo che NOI non tratteremmo un animale così e che per NOI quello che fanno ai circhi sia maltrattamento. È ovvio. Ma non è un’argomentazione valida dal punto di vista legale, perché loro non fanno nulla di illecito ad oggi, né dialettica e comunicativa perché ripeto, basta una foto di una tigre che fa le fusa al circense per mandare tutto all’aria. Per vincere contro i circensi dobbiamo essere coerenti e inattaccabili. Non poetici. E ripeterò finché avrò voce: l’amore degli addestratori non basta per assicurare agli animali il benessere etologico!
Come fa un leone a diventare un gattino? (E lo diventa davvero?)
Il leone del circo è un leone selvatico esattamente come suo cugino ancora libero in Natura, con le stesse esigenze, gli stessi bisogni e la stessa etologia. L’unica cosa che cambia è che il leone ammaestrato del circo, non sa di essere selvatico, non è cresciuto con la madre (è stato prelevato prima che questa leccasse via la placenta, in modo da non creare un legame endocrino – ormonale con i piccoli) e così facendo il leone si è imprintato sull’essere umano, credendo quindi di essere parte del gruppo di umani. Attraverso il ricatto alimentare (se ti siedi ti do il wurstel, se no niente) il leone impara a compiere diversi esercizi mediati sempre dal cibo e spesso anche dalla paura, come testimonia lo studio scientifico precedentemente citato (“Circus Animal Welfare: analysis through a five domain approach” su Journal of Animal Behaviour and Biometeorology 2022)
In realtà, come dimostrano i diversi attacchi da parte di leoni, tigri, elefanti ai loro domatori, non è così vero che un leone ammaestrato diventa un gattino. Il leone ammaestrato è solo un leone la cui selvaticità è stata soffocata e placata dall’essere umano attraverso ricatto alimentare, condizionamento e imprinting, ma la natura selvaggia dell’individuo è intrinseca nel suo Dna, nella sua storia evolutiva e nel suo repertorio comportamentale, che, come a volte accade, esce fuori dimostrando a tutti noi che qualsiasi frusta e qualsiasi premietto non possono domare davvero la natura di un animale selvatico. Per fortuna.